ll futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni. (Eleanor Roosevelt)

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domenica 26 maggio 2013

l'esclusa

No, questo posto non vuole parlare di un celebre libro di Pirandello ma affrontare il tema dell'esclusione da un punto di vista filosofico e sociologico. Questo è un tema stra-abusato, tutti siamo bravi a riempirci la bocca con belle parole però nei fatti ogni gruppo esclude qualcuno, perchè lo si odia o perchè lo si teme.

La storia dell’esclusione si perde nella notte dei tempi e riguarda varie categorie di persone, di norma le cosiddette minoranze ma ogni gruppo è soggetto al procedimento di esclusione di uno o più membri o su base ideologica o per garantire un privilegio ad un membro del gruppo o della comunità a discapito di un altro. La funzione dell’escluso in un gruppo/comunità può avere anche funzione simbolica e rituale. Vi citiamo a questo proposito la storia biblica del capro espiatorio
capro espiatorio L’essere animato (animale o uomo), o anche inanimato, capace di accogliere sopra di sé i mali e le colpe della comunità, la quale per questo processo di trasferimento ne viene liberata (anche capro emissario , nella Vulgata hircus emissarius, traduz. dell’ebr. ‘ăzā’zēl). Il nome deriva dal rito ebraico compiuto nel giorno dell’espiazione (kippūr), quando un capro era caricato dal sommo sacerdote di tutti i peccati del popolo e poi mandato via nel deserto (Lev. 16, 8-10; 26). Questa trasmissione del male era conosciuta anche dai Babilonesi e Assiri, e dai Greci.
Di solito l’esclusione dai gruppi viene motivata con l’emanazione di una regola redatta al solo fine di allontanare il soggetto o il gruppo ad opera del leader ed appoggiata dalla maggioranza dei componenti. Altre volte l’esclusione avviene ponendo nuove condizioni di appartenenza limitanti la partecipazione democratica del soggetto da escludere agevolando un processo di fuoriuscita volontaria che verrà poi promossa dal leader della comunità come “autoesclusione” e passerà inosservata e innocua alla maggioranza.

Cos’è L’elite
L'Elite ha tutti i vantaggi, e anche tutti gli inconvenienti, dei termini molto elastici. Nell'uso corrente, lo troviamo inteso in senso lato, e in senso stretto, in senso apprezzativo e in senso neutrale.

1) In senso ampio, l'elite è semplicemente lo strato alto o una posizione elevata: e cioè sono tutti coloro che - di fatto o di diritto - hanno eminenza, contano di più, o hanno modo di comandare a qualsiasi titolo. Anche se specifichiamo elites politiche, il termine può essere usato in senso inclusivo sia delle èlites governanti, come delle elites non-governanti, così da includere non solo coloro che detengono e esercitano il potere, ma anche tutti colore che controllano e influenzano in maniera rilevante il decision-making e cioè la formazione delle decisioni politiche dall'esterno.
2) Di contro all'uso omnicapiente, troviamo un uso stretto. Il più delle volte esso consiste nell'identificare le elites politiche con la sola elite governante e cioè con coloro che si trovano al più alto livello nell'iter formativo delle decisioni politiche.
Tuttavia quest'uso può essere reso ancor più restrittivo da una serie di clausole aggiuntive: come quando si richiede che l'elite sia un gruppo relativamente omogeneo, o anche un gruppo organizzato se non addirittura - come nel caso del Meisel - che una elite possieda queste tre caratteristiche: group consciousness, coherence and conspirancy.

COMMISSIONE DI INDAGINE SULL'ESCLUSIONE SOCIALE (CIES)

La Commissione di Indagine sull'Esclusione Sociale (CIES), istituita dall'articolo 27 della legge 8 novembre 2000, n. 328, ha il compito di effettuare, anche in collegamento con analoghe iniziative nell'ambito dell'Unione europea, le ricerche e le rilevazioni occorrenti per indagini sulla povertà e sull'emarginazione in Italia, di promuoverne la conoscenza nelle istituzioni e nell'opinione pubblica, di formulare proposte per rimuoverne le cause e le conseguenze, di promuovere valutazioni sull'effetto dei fenomeni di esclusione sociale.

La Commissione, inoltre, predispone per il Governo rapporti e documenti (disponibili sul sito del ministero del lavoro e delle politiche sociali Rapporto Anno 2008, Rapporto Anno 2009, Rapporto Anno 2010) ed annualmente una relazione nella quale illustra le indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate.
Sulla base della relazione della Commissione, il Governo, entro il 30 giugno di ciascun anno, riferisce al Parlamento sull’andamento del fenomeno dell’esclusione sociale.

La Commissione è composta da studiosi ed esperti con qualificata esperienza nel campo dell'analisi e della pratica sociale, nominati, per un periodo di tre anni, con decreto del Ministro titolare delle deleghe sulle Politiche Sociali.
Questo per dire che dal microgruppo degli amichetti dell’asilo di infanzia fino alle associazioni passando per i comitati studenteschi ognuno di noi è soggetto ad esclusione. Che sia questo uno degli aspetti del nostro essere umano troppo umano?
Vi lascio con questa domanda.

venerdì 3 maggio 2013

"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro."

Nel primo articolo della Costituzione italiana si parla di diritto al lavoro viene riconosciuto a tutti i cittadini italiani nell'articolo 4 comma 1 della Costituzione. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (articolo 3 comma 2 Cost.). Il richiamo al lavoro è stato inserito dai padri costituenti nei "Principi Fondamentali" della Carta costituzionale italiana, per indicare l'inderogabilità e l'importanza della tutela del lavoro, da intendersi come fattore propulsivo e contemporaneamente di stabilità dell'intera società italiana.
La deregolamentazione del lavoro attuata dai governi negli ultimi 20 anni rispetta questo principio costituzionale?
Prima di iniziare qualunque discorso bisogna stabilire alcune regole del gioco:
Dal punto di vista giuridico il lavoro è un rapporto giuridico tra due soggetti:
• Lavoratore
• Datore di lavoro
Il lavoratore presta la propria attività materiale o intellettuale al datore di lavoro, che si avvantaggia della prestazione per massimizzare il proprio interesse e/o utilità. Le norme che disciplinano il rapporto di lavoro formano quella branca del diritto chiamata "diritto del lavoro"
Esiste poi il Lavoratore autonomo Il lavoratore svolge la propria attività senza vincolo di subordinazione al datore di lavoro. Comunque In entrambi i casi si parla giuridicamente di rapporto di lavoro, a prescindere al vincolo di subordinazione nello svolgimento dell'attività lavorativa. Anche il lavoratore autonomo, il titolare di partita IVA, è tutelato dalle leggi sul lavoro.
Quando la legge vessa il lavoratore.
I contratti atipici
1) Apprendistato; l’assunzione con contratto di apprendistato è prevista per i giovani dai 15 ai 20 anni con richiesta nominativa; fino ai 29 anni per il settore dell’artigianato. La durata massima di questo contratto è di 5 anni. E’ un incentivo all’occupazione.
2) Contratto part- time prevede un orario ridotto, pari a 20 ore settimanali, e può essere sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato. Se non si superano le 20 ore settimanali si rimane iscritti alle liste di Collocamento. Il contratto deve avere la forma scritta.
3) Lavoro in affitto; rapporto trilaterale tra un Agenzia che svolge un opera d’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro (tra datore e lavoratore). Spesso i datori ricorrono al contratto di lavoro in affitto per trovare la persona adatta a svolgere una determinata mansione.
4) Telelavoro; lavoro eseguito a casa.
5) Voucher: introdotti già dalla legge Biagi negli anni 90 e riproposti dalla nuova riforma Fornero nel 2012 sono “buoni lavoro” con cui si possono retribuire i lavoratori da lavoro circoscritto e temporaneo, i cosidetti lavoretti. La novità è che se nella legge Biagi questo tipo di contratto era applicabile solo agli studenti, ora può svolgerlo qualsiasi soggetto. Il tetto max di guadagno annuale è di 5000 euro
6) I contratti a progetto (co.co.pro.) sono anche detti contratti di collaborazione per programma ed sono una tipologia di contratto di lavoro disciplinata dal D. Lgs. n. 276/2003, c.d. Legge Biagi. I co.co.pro. (contratti a progetto) definiscono il lavoratore non come un dipendente, ma un collaboratore autonomo. L’attività svolta dal collaboratore, infatti, deve essere legata alla realizzazione di un progetto (o programma di lavoro, o fasi di esso).
Contratti di lavoro a Termine (a tempo determinato) sono sottoscritti:
• per lavori stagionali
• per lavori artistici
• per sostituire un altro dipendente sospeso per motivi come: il periodo di leva o maternità
• per temporanea necessita di personale nell’azienda
Il contratto di termine è nullo se non risulta da un atto scritto e deve essere consegnato dal datore al lavoratore. Se il rapporto continua dopo la scadenza del termine fissato, si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Adesso sappiamo perché alla scadenza del contratto a tempo determinato è costretto a stare a casa almeno 3 mesi.

La riforma Biagi
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 9 ottobre 2003, n. 235 la "riforma Biagi" recante la nuova disciplina in materia di occupazione e mercato del lavoro (Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276).

La nuova normativa ha l'obiettivo di rendere più flessibile il mercato del lavoro, migliorandone l'efficienza e sostenendo politiche attive per il lavoro e favorendo la diminuzione del tasso di disoccupazione.
Di fatto, nel senso comune, la ricordiamo perché ha introdotto i contratti a progetto e atipici.
La legge è stata revisionata nel 2008 Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito in Legge 6 agosto 2008, n. 133) in materia di contratti occasionali di tipo accessorio e contratto di apprendistato.
La riforma Fornero
Non parleremo oggi della riforma Fornero in riferimento alle pensioni
La riforma Fornero del Lavoro è un intervento organico del legislatore per introdurre modifiche alle regole che disciplinano il rapporto di lavoro in Italia. Il testo legislativo di riferimento della riforma Fornero è la Legge n.92 del 28 giugno 2012, successivamente emendata dal decreto legislativo n.83/2012 recante misure urgenti per la crescita del paese e convertito in Legge n.134 del 7 agosto 2012. La riforma interessa è spesso associata alla modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per modificare il regime di tutela contro i licenziamenti ingiustificati. In realtà, la riforma consiste in un intervento legislativo più ampio e organico che rinnova diversi istituti del mondo del lavoro italiano: ammortizzatori sociali, assicurazione sociale per l'impiego ( ASPI ), associazione in partecipazione, contratti speciali, dimissioni, lavoro accessorio, lavoro a termine, lavoro a progetto, lavoro intermittente, lavoro parasubordinato, licenziamento, somministrazione di lavoro, ecc. La riforma Fornero del lavoro segue ed è in parte collegata al precedente intervento del legislatore per modificare il sistema pensionistico italiano.
La volontà era di ottenere più flessibilità in uscita e meno in entrata. L’obiettivo è stato raggiunto perché al momento in Italia NON SI ENTRA PIU’ nel mercato del lavoro quindi massima rigidità in entrata e se si è dipendenti si hanno grandi difficoltà ad uscire dal circuito lavorativo quindi massima flessibilità in uscita. Se si è dipendenti del settore privato la flessibilità in uscita può consistere anche nell’uscire dal mercato del lavoro senza andare in pensione, diventare per usare un termine alla moda “esodati”
Tutto questo è conforme allo Statuto dei lavoratori ? cioè la legge a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e delle norme sul collocamento. Nell'ordinamento giuridico italiano lo Statuto dei lavoratori è riferito alla legge n.300 del 20 maggio 1970 che introduce importanti modifiche nei rapporti tra i lavoratori, i datori di lavoro e le rappresentanze sindacali.