ll futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni. (Eleanor Roosevelt)

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sabato 28 gennaio 2012

L'avventura del piccolo Felice

Nel cuore del bosco, dove gli alberi s’intrecciano fitti e la luce del sole penetra fioca, viveva una famigliola di Elfi. Mamma, Papà e il piccolo Felice. Papà lavorava alla costruzione di un grandissimo albero. Non tutti sanno che gli alberi non crescono da soli ma hanno bisogno della’aiuto di un elfo che li innaffia, che rende morbido il terreno intorno alle radici, che tiene lontani i roditori e gli insetti e che protegge la pianta da quando è seme a quando è buona come legna da ardere. Mamma raccoglieva le bacche e la frutta del bosco per preparare deliziosi pranzetti a Papà e a Felice. Per far questo doveva assentarsi da casa per tutta la giornata lasciando il piccolo elfo da solo. Ogni mattina prima di uscire di casa i due genitori si raccomandavano con il loro figlioletto:

“Non aprire a nessuno, non uscire di casa perché il bosco è pericoloso e tu sei ancora piccolo e ingenuo!”

Felice non si sentiva né piccolo né ingenuo ma annuiva ai suoi genitori e prometteva ogni mattina di non uscire di casa e di non andare a spasso da solo nel bosco.

Il bosco infatti non era più un posto sicuro da quando si aggiravano fra gli alberi e i cespugli un gruppo di uomini con le braccia di ferro che facevano un gran rumore e uccidevano gli alberi, li tagliavano a pezzetti e li impilavano sopra un mostro con le ruote al posto delle gambe.

Per tenerli distanti dal suo albero Papà faceva una gran fatica, doveva imitare il verso del lupo, far cadere le pigne più pesanti sulla testa di questi uomini e scavare buche profonde per farli cadere. Da quando gli uomini erano arrivati nella profondità del bosco il lavoro di Papà era diventato durissimo. Anche per Mamma la vita si era complicata dopo l’arrivo degli uomini, ogni giorno doveva stare molto attenta a non farsi vedere da loro e a non finire sotto le ruote del mostro con le gambe di ruota che tutto schiacciava senza pietà. Inoltre molti cespugli da frutto erano stati schiacciati così che la ricerca del cibo diventava sempre più difficile e Mamma doveva allontanarsi sempre più di frequente da casa.

Felice sapeva di questa situazione e da una parte ne aveva paura ma dall’altra era molto incuriosito e gli sarebbe piaciuto uscire con Papà per andare a vedere gli uomini. Ogni giorno gli chiedeva:

“Papà, papà portami con te nel bosco a vedere gli uomini e il loro mostro con le gambe di ruota!”

Da quando gli uomini erano nel bosco la scuola elfica era stata chiusa per motivi di sicurezza e Felice, come tutti gli altri bambini rimaneva a casa tutto il giorno e tutto il giorno pensava ad andare a vedere i mostri.

Papà era irremovibile

“Sei troppo piccolo per vedere gli uomini, ti troveresti paura! E se ti vedessero ti ucciderebbero sicuramente. Tu vedessi come tagliano gli alberi con le loro braccia di ferro! Sono spietati!”

Più parlava così, e più Felice era curioso e ansioso di vedere i mostri.

“Se Mamma può uscire anche se è più debole di te perché non posso andare almeno con lei?”

Chiedeva a Papà. Ma la risposta era sempre negativa. Felice era un elfetto ubbidiente ma un giorno mentre giocava con i suoi animaletti di legno sentì un colpo fortissimo, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Per la paura corse a nascondersi sotto al letto ma dopo poco sentì battere un altro colpo fortissimo. I muri della sua casetta di legno vibrarono. Così si fece coraggio e piano piano, in punta di piedi andò alla porta e appoggiò il suo occhietto allo spioncino. Quello che vide lo fece sobbalzare.

Gli uomini erano nel suo giardino! Erano enormi. Avevano gambe lunghissime e possenti come tronchi di quercia e le braccia erano per metà di carne e per metà di ferrò e facevano un rumore assordante. Ad ogni loro passo la casa di Felice tremava. Gli uomini si guardavano attorno, poi uno di loro urlava e tutti cominciavano a tagliare gli alberi con le loro braccia mostruose. E gli alberi feriti, stramazzavano al suolo con un tonfo sordo e un urlo di dolore che sembrava gli uomini non potessero sentire. Ma Felice lo sentiva benissimo e gli spezzava il cuore. Non poteva lasciare che quei mostri continuassero a fare quello che stavano facendo. Doveva fermarli. Agì d’impeto uscì fuori di casa, in pigiama. Gli uomini non lo videro perché erano troppo grandi e indaffarati a mietere vittime. Felice andò fuori e urlò con tutta la voce che aveva dentro il suo corpicino di Elfo, urlò:

“Basta!!!!”

Tutte le nuvole del cielo lo udirono e corsero a vedere quello che succedeva e appena si accorsero di quello che stavano facendo gli uomini in quel bosco cominciarono a piangere e piovve, fortissimo.

Felice rientrò in casa e tornò a guardare da dietro lo spioncino e vide gli uomini urlare e correre in groppa al mostro con le gambe di ruota e scappare via.

Scapparono in un attimo, Felice aprì la porta e uscì in giardino e già gli uomini non c’erano più, rimanevano le loro impronte e i ceppi morti degli alberi che avevano tagliato.

Papà arrivò a casa insieme a Mamma e videro Felice fuori dall’uscio, gli corsero incontro per sgridarlo

“Felice! Ti avevamo detto che non devi uscire di casa!!!”

Felice corse in casa contento per una volta di essere stato sgridato.
Mamma e Papà si accorsero che gli umani se ne erano andati e ne parlarono con Felice che disse:
"Sono stato io e le nuvole ad averli allontanati! Scusa se vi ho disubbidito ma era necessario!"
Mamma e Papà sorrisero e si strinsero attorno al loro figlioletto coraggioso.